Vivere sul Martesana, in una villa a Milano
di Marco Arosio
Ho sempre creduto che nella mia famiglia alberghi un po’ di follia che ha portato, suo malgrado, il sottoscritto a vivere e amare questo luogo che testimonia quanto affascinante e unico fosse il percorso della Martesana nell’interno della area metropolitana di Milano.
Il mio bisnonno Arturo Monti a 49 anni decise che non valeva la pena andare avanti a lavorare dietro i banchi di una farmacia e spinto da una passione congenita per l’arte, volle trovare un luogo per la sua unica figlia pittrice per poter lavorare en plein air.
Mia nonna non aveva potuto frequentare Brera, allora considerate sconveniente per una ragazza di buona famiglia, ed era diventata l’allieva prediletta del pittore Attilio Andreoli, allora ritrattista tardo-scapigliato della buona società milanese.
Nel 1934 il bisnonno comprò questa vecchia casa che ai primi del Novecento era stata costruita da un eccentrico signore austriaco, tal Karl Singer, come sua residenza e laboratorio per distillare profumi ed essenze. L’impresa commerciale sembra che non funzionò e gli eredi si trasferirono in una villetta adiacente già in stile Liberty.
Alcune persone si ricordano ancora dei barconi che attraccavano sulla Martesana per scaricare casse venute chissà dove di essenze e radici essiccate, pronte per essere trattate e diventare pregevoli fragranze. Il traffico fluviale sul Martesana doveva essere intenso perché fino a poco tempo fa esisteva un derelitto capanno a fianco del vecchio ponte e che I soliti vecchietti ricordano essere il deposito delle canoe dei dirigenti della vicina Magneti Marelli: Milano come Oxford… La casa intanto era diventata il ritrovo degli amici pittori del bisnonno (Palanti, Tallone, Alciati) e mia nonna immortalava le poche vicine di casa in ritratti alteri e un po’ démodé: le modelle non ricevevano l’originale dipinto che andava ad accrescere la pinacoteca del bisnonno, ma sono piccoli cartoni come ringraziamento di lunghe, e immagino, estenuanti sedute. In alcuni quadri che mi sono rimasti è raffigurato spesso il giardino, la cui cura era fondamentale per l’armonia della famiglia. Le piante da frutto ben potate, che rimandano a un amore per la campagna lombarda, e la ricerca dell’esotico con le spalliere di bambù e i cespi di Yucche, riflettono un ideale eden che la mia bisnonna Maria Teresa ricercava nel piantare fiori che sbocciassero in ogni mese dell’anno. L’idillio bucolico e anche un po’ chiuso alla città che cambiava e si espandeva, fu travolto dalla guerra: nel bombardamento del 20 ottobre 1944 la scuola elementare davanti casa fu annientata e da allora Gorla e la piazza porta il ricordo a tutti i milanesi di duecento bambini (Piccoli Martiri) morti per essere andati a scuola… La casa ne uscì malconcia, ma i miei bisnonni continuarono a raccogliere l’uva della pergola e ascoltare musica dal vecchio grammofono finché un abile amministratore non li convinse ad andare a vivere in un condominio con l’ascensore tanto “bello e moderno”. Lui ovviamente si insidiò nella villa “così scomoda” e dopo di lui la figlia.
Quando sono arrivato io avevo 27 anni, pochi soldi ma ero già antiquario da tempo e rimasi sedotto da questa venerabile signora umiliata da brutture e restauri volgari con un meraviglioso avanzo di giardino, trasformato in un campo da calcio. Con l’aiuto fondamentale della mia famiglia in questi dieci anni la casa è tornata a essere il centro dei nostri affetti e in giardino ci sono nuove piante da frutto per ogni nipote arrivato. In casa ho cercato di ricostruire l’atmosfera di un luogo un po’ fuori dal tempo proprio in una città dove il tempo è la cosa che più vale e il piacere più grande è vedere i miei ospiti perdere le proprie nevrosi e lasciarsi andare alle memorie che questa casa ridesta.
Tutto intorno il paesaggio è cambiato e la piccola frazione di Gorla è ora solo una porzione della periferia nord-est di Milano, ma l’acqua che scorre della Martesana riflette ancora un vecchio mondo che la memoria della città sta rimuovendo, per conservarlo per i nuovi abitanti.
Il mio bisnonno Arturo Monti a 49 anni decise che non valeva la pena andare avanti a lavorare dietro i banchi di una farmacia e spinto da una passione congenita per l’arte, volle trovare un luogo per la sua unica figlia pittrice per poter lavorare en plein air.
Mia nonna non aveva potuto frequentare Brera, allora considerate sconveniente per una ragazza di buona famiglia, ed era diventata l’allieva prediletta del pittore Attilio Andreoli, allora ritrattista tardo-scapigliato della buona società milanese.
Nel 1934 il bisnonno comprò questa vecchia casa che ai primi del Novecento era stata costruita da un eccentrico signore austriaco, tal Karl Singer, come sua residenza e laboratorio per distillare profumi ed essenze. L’impresa commerciale sembra che non funzionò e gli eredi si trasferirono in una villetta adiacente già in stile Liberty.
Alcune persone si ricordano ancora dei barconi che attraccavano sulla Martesana per scaricare casse venute chissà dove di essenze e radici essiccate, pronte per essere trattate e diventare pregevoli fragranze. Il traffico fluviale sul Martesana doveva essere intenso perché fino a poco tempo fa esisteva un derelitto capanno a fianco del vecchio ponte e che I soliti vecchietti ricordano essere il deposito delle canoe dei dirigenti della vicina Magneti Marelli: Milano come Oxford… La casa intanto era diventata il ritrovo degli amici pittori del bisnonno (Palanti, Tallone, Alciati) e mia nonna immortalava le poche vicine di casa in ritratti alteri e un po’ démodé: le modelle non ricevevano l’originale dipinto che andava ad accrescere la pinacoteca del bisnonno, ma sono piccoli cartoni come ringraziamento di lunghe, e immagino, estenuanti sedute. In alcuni quadri che mi sono rimasti è raffigurato spesso il giardino, la cui cura era fondamentale per l’armonia della famiglia. Le piante da frutto ben potate, che rimandano a un amore per la campagna lombarda, e la ricerca dell’esotico con le spalliere di bambù e i cespi di Yucche, riflettono un ideale eden che la mia bisnonna Maria Teresa ricercava nel piantare fiori che sbocciassero in ogni mese dell’anno. L’idillio bucolico e anche un po’ chiuso alla città che cambiava e si espandeva, fu travolto dalla guerra: nel bombardamento del 20 ottobre 1944 la scuola elementare davanti casa fu annientata e da allora Gorla e la piazza porta il ricordo a tutti i milanesi di duecento bambini (Piccoli Martiri) morti per essere andati a scuola… La casa ne uscì malconcia, ma i miei bisnonni continuarono a raccogliere l’uva della pergola e ascoltare musica dal vecchio grammofono finché un abile amministratore non li convinse ad andare a vivere in un condominio con l’ascensore tanto “bello e moderno”. Lui ovviamente si insidiò nella villa “così scomoda” e dopo di lui la figlia.
Quando sono arrivato io avevo 27 anni, pochi soldi ma ero già antiquario da tempo e rimasi sedotto da questa venerabile signora umiliata da brutture e restauri volgari con un meraviglioso avanzo di giardino, trasformato in un campo da calcio. Con l’aiuto fondamentale della mia famiglia in questi dieci anni la casa è tornata a essere il centro dei nostri affetti e in giardino ci sono nuove piante da frutto per ogni nipote arrivato. In casa ho cercato di ricostruire l’atmosfera di un luogo un po’ fuori dal tempo proprio in una città dove il tempo è la cosa che più vale e il piacere più grande è vedere i miei ospiti perdere le proprie nevrosi e lasciarsi andare alle memorie che questa casa ridesta.
Tutto intorno il paesaggio è cambiato e la piccola frazione di Gorla è ora solo una porzione della periferia nord-est di Milano, ma l’acqua che scorre della Martesana riflette ancora un vecchio mondo che la memoria della città sta rimuovendo, per conservarlo per i nuovi abitanti.