Villa Singer

La casa rossa del Novecento

Annamaria Sbisà
Pubblicato su La Repubblica, 07 febbraio 2010.

Come una ruota che girando torna sempre al punto di partenza, qui si rincorre il bello del secolo scorso.
È liberty la villa rossa, ex distilleria di profumi affacciata sul canale della Martesana, ora agganciata al traffico di viale Monza, che appare sospesa in una bolla da vita di paese, tra il fiume e gli alberi, come in una cartolina che arriva da un'epoca passata. Altrettanto immerso nel secolo scorso è Marco Arosio, antiquario e consulente della casa d'aste Porro, circondato da libri, arte e arredi d'autore, forse persino da pensieri d'altri tempi. Di fatto ha spirito Ottocento il giardino di famiglia, che lui ha reso romantico con l'aggiunta di ortensie, rose, peonie. «Tutte piante da signora, perché dentro io sono una sciura Pina». Si ride, ma quando aggiunge che gli alberi di melo cotogno, ciliegio, pruni e cachi gli servono per fare le marmellate, per un attimo ci si crede pure.
Ma rientrando in casa, tra magnifiche vetrate, per non parlare della veranda che fungeva da cucina («un filo troppo fredda, l'olio si ghiacciava, mi sono trasferito dentro e come ricordo della precedente funzione ho foderato il soffitto di piatti»), ritroviamo il vero Arosio, che è piuttosto un cacciatore d'oggetti, maniaco dei lampadari («mi affascina la luce attraverso il vetro»), sensibile alle proporzioni («con i soffitti così slanciati il moderno galleggia, ci vogliono mobili imponenti») e travolto da passioni cromatiche.
Gialla come la finestra floreale la sala con mobili di Gianotti, ebanista liberty, e pavimenti in seminato di recupero, sinuoso mix con dettagli neo Settecento: «La verità è che facendo l'antiquario si diventa dei magnifici vetrinisti». Le vetrine di cui si parla ora, un'infilata di sei sale divise per colori, hanno spesso andamento circolare, il centro segnato da incantevoli lampadari, intorno un volteggiare di sedie, quadri, oggetti speciali, qualche opera contemporanea.
Si passa attraverso il rosso denso affacciato sul giardino, le righe della sala di conversazione, il viola tappezzato dai piatti di Gio Ponti (una vera passione, insieme con Melotti e Fornasetti) e si approda al blu Prussia della stanza del cuore, accesa da oggetti in total-rosso: «Persino i libri... mi perdonerà questa caduta da arredatore». Qui il contemporaneo degli amici artisti contrasta con la stanza adiacente, ultima in ordine d'apparizione, la camera per gli ospiti dotata di bagno anni Trenta in tinta buganvillea, che nasconde un'idea geniale, ovvero cela un armadio Ikea sotto un tessuto che precipita dal soffitto: ampio colpo di teatro.
Ma il vero sipario è l'ingresso, a cui torniamo, un bizzarro ovale foderato di carta da zucchero acidata e poi decorata con poesie di Schiller, che segna il confine di una doppia vita: quella della casa. Il guscio fiabesco di Renzi & Reale che funge da entrata, compreso di bagno rosso palco alla Scala in tessuto Fornasetti in veste di sorpresa, conduce in un altro mondo. Come fu lo specchio per Alice, qui è un oblò in vetro a fungere da passaggio nel privatissimo.
Passata la grande cucina, attrezzata per tanti (questa casa ospita grandi feste), cade l'ultimo filtro per giungere al nocciolo, lo studio di Marco: «Che poi sarebbe il garage dove il bisnonno parcheggiava la Balilla». Ora parcheggiato tra gli scaffali c' è tutto il Novecento, vedi la sua vita, sopra il quale, come per non mollare nemmeno durante il sonno, galleggia la camera da letto con testata d' autore, tappezzeria di disegni e curiosità appesi sopra i sogni. Il tutto è adagiato su un moderno soppalco, collegato da una scala che richiama Scarpa e i castelli medioevali, oltrepassando entrambi.
Il bagno, illuminato dal rosa luminescente delle ceramiche di Fausto Melotti, ha una vetrata liberty che filtra di giallo e di fiori la cucina in basso: la solita ruota che si rincorre. Una cucina molto animata sotto la regia del padrone di casa, che se invece si reca a cena dalle amiche, scatena la sciura Pina che c'è in lui nella scelta dei fiori da cogliere in giardino, «a volte con ragni, pidocchi e foglie bacate, ma veri» o della marmellata da portare in dono: «Così cittadine, sono più saporite. Quelle di campagna sono nulla, al confronto».